Quando ero giovane (!) ero molto razionale. Mi spiego meglio, seguivo la ragione tout court. Lo capisco solo ora vedendomi indietro nel tempo.
Molto alla ricerca della perfezione in me, analizzavo tutto… soprattutto per spiegarmi il perché di quei sentimenti che non sapevo come gestire. La razionalità aveva alzato un muro: tra me e me e con gli altri. Ancora oggi a volte rischio di cadere in questa trappola.
Eccesso di razionalità, e conseguente eccesso di controllo, mi avevano impedito di entrare in contatto con me stessa e di realizzare chi ero veramente, con naturalità.
Te l’ho detto altre volte che sono sempre stata in ricerca. Una ricerca che partiva dalla mia ragione ma che voleva rispondere a domande che giungevano invece dalle profondità della mia anima. Ho usato per molto tempo solo la testa per capire, capire e ancora capire il mondo e me stessa.
Non rinnego oggi la mia mente, ma oggi la uso per me.
Integro le diverse parti. Un dialogo continuo, ascolto e domande. Ho imparato nel tempo ad ascoltare e ascoltarmi non solo con la testa.
Oggi troppa razionalità mi stanca e sfibra. Mi prosciuga le energie, mi svuota e non mi lascia nulla.
La vita è fatta di emozioni: sono quelle che ricordiamo.
Se voglio ritrovare un ricordo lo ritrovo quando entro in contatto con le emozioni collegate, non unicamente con i pensieri fatti. Questa la sensazione prevalente che mi ha portato ad ulteriori riflessioni.
“Il sonno della ragione genera mostri” è sempre stata una frase che mi ha affascinato e interrogato.
Conosco il contesto in cui Goja l’ha scritta, eppure l’abbinamento tra ragione e mostri che questa frase evoca in me, mi risuona ancora oggi. Non il sonno, ma la troppa veglia.
Credo che troppa razionalità abbia lo scopo di allontanare se stesse da se stesse, di essere un muro con la propria profondità e con gli altri. Quanta razionalità ci viene sbattuta addosso per metterci in un angolo di fronte al messaggio che noi mandiamo con la nostra insoddisfazione e con i nostri bisogni?
Quando non sai rispondere, quando non sai come gestire, quando ti tocca troppo in profondità… razionalizzi. E spegni quella scintilla che chiede accoglienza e non giudizio e controllo.
Nella vita non si avanza con la ragione da sola.
La ragione schematizza, incasella, soffoca. Se usata da sola. Non fa respirare. Utile in tante fasi, ma non è l’unico strumento che abbiamo a disposizione.
Sono innamorata di tizio, come posso ragionare su questo?
Non amo il mio lavoro, come posso ragionare su questo?
Mi viene in mente quando si dice ad un bambino non essere così vivace, non sta bene… come posso tarpare le ali alla vitalità? A quella vita che non chiede altro che di esprimersi?
La ragione mi potrà convincere ad un certo livello, ma il risultato sarà solo di farmi mettere in cantina vita, sogni e quello di cui siamo fondamentalmente fatti: emozioni, sentimenti, sogni, vita e ancora vita.
Credo infine che alcune forme di razionalità altro non siano che estreme difese di fronte ad una realtà che non sappiamo come cambiare. Che non sappiamo come spiegarci. Di cui non sappiamo che fare. Ce la troviamo tra le mani e nella pancia. E non osiamo guardarla.
Una forma di difesa per non scoprire il nostro potere.
Altro è l’uso della ragione come guida, finalizzato alla vita che abita in noi. Qui svolge il suo ruolo reale, quello di fare ordine, di accompagnarci fedele a noi stesse, al compito che vogliamo dare alle nostre vite. Un uso che talvolta può essere di spegnere eccessi di umori distruttivi per noi.
Ma anche qua il fine è buono, di argine, per ampliare.
E tu? Sei schiava della razionalità? Cerchi di sistematizzare tutto?
Un abbraccio
Roberta