Iniziato il mese di marzo, tra piogge, ritorno di inverno e coronavirus, scuole in ancora incerta riapertura e primavera in arrivo. Con la voglia di rifiorire e di ritorno alla vita normale. Tanta, si sente nell’aria.
Non so in quale momento della tua vita sia, ma può essere che tu con questa primavera senta aria di cambiamento, o che per eventi personali tu stia ricominciando.
E sul ricominciare al femminile sto molto riflettendo, anche per eventi personali che mi stanno facendo fermare. E cambiare.
Mi ritrovo a riflettere sul femminile autentico e profondo e sui passi che una donna può compiere per riscostruire la propria vita e se stessa come donna.
Nuovi punti di vista che credo possano essere utili anche a te, con nuove consapevolezze.
Perché se si trova forza e coraggio di stare nel cambiamento, possono generarsi delle nuove luci dentro di noi che possono produrre un concreto cambiamento in meglio.
Stavo scrivendo oggi dei ruoli e dei copioni delle donne. Quanti ruoli e copioni ci ingabbiano ancora oggi e quanti ne abbiamo assorbito dall’educazione ricevuta, e dalla cultura dalla quale proveniamo!
Essi ci condizionano nelle nostre scelte e nelle nostre azioni, talvolta mascherati da “ma una donna deve fare così”, “ ma non posso mica fare questo”.
Penso ad una madre che non si dà il permesso di scegliere un suo bisogno se prima non è sicura al 100% che suo figlio sia felice; penso a quante donne mettono al primo posto i figli e la famiglia dimenticandosi della propria felicità, e del proprio legittimo femminile quindi. Per poi spegnersi piano piano.
… E di che cosa significhi in verità famiglia e genitorialità consapevole.
Ad una donna, che perchè è stata amata solo in un certo modo, si rassegna o a non sperare mai più nell’amore o a prendere solo briciole o ancora a vestire i panni di quella che non ha bisogno di esserlo. E chiude nel silenzio del cuore il suo bisogno legittimo.
Donne che troppo ferite si trincerano dietro convinzioni sugli uomini “gli uomini sono tutti uguali, per loro è tutto più facile, non sanno amare, sono deboli e fragili, egoisti…” per proteggersi dalla possibilità che invece possa esistere l’amore autentico, che passa dal conoscersi e incontrarsi anche nelle proprie fragilità e non per questo non scegliersi.
Un femminile che invece ha bisogno di ricevere, di lasciar entrare, di accogliere e di farsi amare.
Quando mai ci diamo il permesso di questo?
Della nostra fragilità, della nostra vulnerabilità e di starci?
Quante barriere abbiamo costruito per non rischiare la felicità e di essere amate?
Quanti ruoli ci servono per restare ferme lì? Quanti copioni abbiamo costruito per confermare la nostra non amabilità?
Quanto abbiamo respinto e non visto la bellezza di gesti di amore e di cura, che abbiamo cacciato e liquidato per paura di lasciarci guidare dal nostro intuito, quello che SA e che vede oltre gli stereotipi e i giudizi degli altri e del si deve giudicare e fare così?
Quanto potremmo invece fidarci della nostra capacità di amare e di vedere l’altro e di incontrarlo? Certo, correre il rischio della felicità è arduo talvolta, ma forse ne può valere la pena.
Senza cadere tuttavia in copioni da crocerossina, che conosciamo così bene.
Quanti ruoli e copioni abbiamo assunto e sposato per non far cadere le barriere e per non scoprire così la nostra forza e il nostro potere?
Quanti si deve fare così ci hanno permesso di non confrontarci con il nostro bisogno?
E fatto scrivere una storia che non ci appartiene?
Certi ruoli e certi copioni sono come un sentiero predefinito. Da che cosa, da chi? Stabilito dagli altri, già tracciato, già scritto. Persino nel finale.
Un sentiero che in moltissimi casi sembra veramente già tracciato.
Dai nostri genitori, dall’educazione ricevuta, dagli antenati, dalle aspettative degli altri.
Difficile così riuscire ad emergere con il proprio talento, la propria natura, come se si dovesse emergere da una palude, in alcuni casi.
Difficile discernere tra chi siamo veramente e tutto quello che ci è stato attribuito e buttato addosso.
Tu sei, tu devi, dovresti, non puoi.
Una moglie deve comportarsi così, una buona madre deve essere e fare così, un’amante non può chiedere, a 60 anni cosa vuoi sperare di…, ormai a 40 anni cosa mi metto a studiare ancora.
È colpa mia se adesso mio figlio soffre e quindi io non ho diritto alla felicità, anche se mi sono separata. Non posso rivoluzionare tutta la mia vita a 50 anni.
Quante frasi come queste lavorano nel silenzio?
Quanto aleggiano nel silenzio e nello sfondo tanto da rovinarci anche quel tempo nostro? Interferenze e stonature.
Ma una donna non può di certo…
Ma io come madre non posso…
Ma non posso farmi vedere fragile da un uomo, se ne approfitterebbe…
E pensare che il femminile autentico ha una tale forza! E pensare che la forza più autentica nasce dalla fragilità assunta. Dal permettere di lasciarla vedere e di incontrare quella dell’altro. non sbandierata certo, ma vissuta per quello che è, nella sua normalità.
Chissà quanto potere potrai liberare nel momento in cui ti darai il permesso della tua fragilità e di lasciarla vivere e vedere. Lì abita il seme dell’amore e del tuo potere femminile. Quello che attende e custodisce e accoglie. E tesse le trame della vita vera. E generare un potente cambiamento. Anche per chi avrà l’onore di incontrarti.
Un abbraccio
Roberta