Per noi donne quando finisce un amore è una grande prova, quasi sempre arrivata dopo un intenso travaglio.
Abbiamo nel ventre il senso della sacralità dell’amore e quando abita qualcuno nel nostro cuore in genere è per sempre. Per noi scegliere di porre fine ad una relazione non è un passo che prendiamo alla leggera. È come un parto: partorire noi stesse separandoci da lui/lei.
Siamo fatte per la relazione, nella relazione ci delineiamo e dobbiamo attraversare ere di dolore e differenziazione per giungere a noi stesse, non senza dolore, un grande grandissimo sforzo energetico.
Sembra che nel separarci dobbiamo fare uno sforzo antico.
Ci portiamo dentro anche le nostre antenate.
Le loro fatiche, i loro nascondimenti, i loro amori abneganti, nei quali si sono annullate.
Per noi donne di oggi lo sforzo è doppio. Ci dobbiamo separare anche per le nostre madri e le nostre nonne e così via.
Liberiamo così una generazione di donne, tutte quelle donne che si sono annullate per amore, che hanno sacrificato se stesse pur di non perdere uomini e donne che le amavano a briciole.
Il processo di individuazione diventa allora epocale e per questo ancor più difficile. Ci portiamo loro dentro di noi, ci separiamo anche per loro e scegliamo noi stesse anche per loro.
Quando ci separiamo da uomini che non ci hanno viste, che ci hanno amate giudicandoci, cercando di correggerci secondo i loro criteri, le loro visioni di giusto e sbagliato, che ci hanno voluto addomesticare e plasmare, come padri buoni o soffocanti, lo sforzo energetico è grande, come se dovessimo rialzarci sommerse da grandi pesi.
Allora separarsi significa nascere. Diventare donne, le donne che siamo. Non più figlie elemosinanti sguardi buoni.
Significa riprenderci il diritto che ci spetta di nascita, di scegliere e di vedere, di essere e di appartenerci.
Significa non più far dipendere uno sguardo di amore dall’altro, che a seconda dell’umore ce lo può elargire o meno.
Significa tagliare quel cordone ombelicale ed energetico da un certo tipo di maschile fuorviante, che ci separa da noi stesse e che ci vorrebbe plasmare sulle sue paure e mancanze.
Un tale maschile, purtroppo ancora molto diffuso, è ad un basso livello di consapevolezza e per quanto possiamo comprenderlo, arriva un momento in cui vanno dismessi i panni della crocerossina, della salvatrice, della buona samaritana. L’amore è altro.
Lo puoi comprendere in un attimo o dopo un lungo percorso di consapevolezza e di aggiustamento minuzioso tra quello che hai sempre creduto e quello che è.
Come togliere veramente un velo, della sabbia dagli occhi, dalla mente e dal cuore.
Veli e briciole di paure e ricatti, di misconoscimenti e di inadeguatezze.
Ci vuole coraggio, come ho detto, quel coraggio che può giungere da una profonda connessione con il nostro profondo sapere ed intuito, dalla consapevolezza che siamo chiamate a vivere altro rispetto ad antichi schemi di compiacenza e timore.
L’amore eleva, l’amore fa brillare, l’amore potenzia.
Quando una donna inizia a comprendere tutto questo inizia quel percorso duro di spoliazione. Dalle false credenze, da quegli schemi che aveva sposato che ora comprende essere gabbie fameliche.
So bene, dalla mia esperienza personale e con altre donne, come questo non sia per nulla semplice.
Abbiamo secoli contro di noi.
Madri che non comprendono, padri che mascherano con doveri familiari, amici che si sentono urtati dal nostro esempio.
Anzi, nel momento in cui si inizia ad entrare in questa terra e in questa visione limpida, sembra che tutto quello che si vuole lasciar cadere e andare, si rinforzi.
I sensi di colpa diventano più forti (soprattutto se ci sono dei figli), la paura cresce, così il senso di essere sbagliate, di aver sbagliato tutto, l’incertezza sul fare o meno una scelta buona. E se lascio tutto questo per cosa? Ma sono impazzita?
In fondo ho vissuto così per anni, potrei farlo ancora…
Tenere il filo di se stesse diventa ancora più difficile, come se si scatenasse una tempesta e la tempesta ci facesse perdere di vista quella perla così preziosa che adesso l’acqua tumultuosa ci fa scivolare via dalle mani.
Stai nella tempesta, passerà.
È soltanto agendo a partire dal tuo sapere profondo, ritorna a quel momento in cui ti sei detta basta, il resto si accomoderà, se tieni stretto quel momento in cui hai visto che non poteva più essere.
Tu sai le tue lacrime, tu sai il tuo tormento. Che altro ti serve?
So che ti sembra di diventare la peggior donna al mondo e che i fantasmi adesso di perseguitano, come nere macchie pronte a rimangiarti, ma è il tuo cammino, hai la forza di sceglierti. E di amarti.
Un abbraccio
Roberta