Secondo movimento della vita: accetta la fragilità

Anche gli eroi e le eroine dei film vivono dei momenti di passaggio, in cui conoscono il buio e la sconfitta. Anzi, sembra essere un movimento necessario per comprendere in pieno la propria statura e compiere un salto e per comprendere se stesse. Non è necessario pertanto essere “sempre” forti, sicure, per poter essere allineate con il nostro potere.

Anche la tristezza è un sentimento che tendiamo a nascondere, e che non associamo tanto facilmente al potere. Come se il potere lo immaginassimo soltanto creatore di azioni forti e irruenti.
E così anche lei spesso viene messa in seconda fila.

Se siamo tristi, cerchiamo subito di sorridere, di fare battute, eroine del buonumore a tutti i costi, perché noi, donne forti, guerriere senza macchia, tiriamo avanti sempre e comunque. Non possiamo farci vedere da figli, compagni o genitori nella nostra fragilità, nello smarrimento. Preoccuperemmo gli altri che sono abituati a vederci forti, che reggiamo e abbiamo sempre pronti sorrisi e reazioni tutte d’un pezzo.

Quanti fraintendimenti tra “ma ti lamenti sempre!” e autentico vivere il sentimento della tristezza…
E non possiamo cedere. Le donne forti non provano smarrimento, tristezza, non cedono allo sconforto. Sanno sempre che cosa fare, noi donne selvagge e resilienti. E lì che si vede il loro potere!

E invece, non solo. Quando vediamo il raggiungimento di diventare donne vere, potenti, spesso fraintendiamo l’obiettivo, come se per essere potenti dovessimo eliminare totalmente da noi stesse alcuni sentimenti, di fragilità appunto.
Ma la resilienza è frutto anche di questo: darsi il permesso di non sapere che cosa fare, darsi il permesso di piangere, di non sapere e basta, di essere tristi e…di chiedere aiuto.
Arrendersi quando è necessario. Dirsi: sono triste, e lasciare che quella tristezza ci consegni la strada da percorrere.

Spesso è proprio in quella tristezza che si nasconde il segreto di una nostra intuizione.

Roberta

 

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