Riflettevo oggi sull’essere ascoltate. Ne parlavamo con un’amica, su quanto sia difficile, in questo caso nella relazione di coppia, ma anche in tutte le altre relazioni, con figli e genitori. E’ uno dei problemi reali e concreti del nostro tempo.
Ho l’immagine di quante di noi non si sentono ascoltate e viste.
In preda alla frustrazione, nelle relazioni importanti, non si sentono viste, ascoltate, per le parole che dicono, per i bisogni che hanno.
Quante relazioni falliscono proprio per questo, per mancanza di una comunicazione sana ed equilibrata.
Mettiamo spesso insieme tutto: l’essere ascoltate, capite, viste e facciamo una grande confusione a volte.
Ma il bisogno è grandissimo. Quello di essere viste, riconosciute, comprese nei nostri bisogni e sentimenti. Accolte senza giudizio. Ascoltate appunto. Nella confusione o certezza, e nel fluire di emozioni e sentimenti umani, troppo umani a volte.
E così graviamo di eccessi e di “troppo” parole e manifestazioni concrete. Eccessi di rabbia, di parole ripetute, di frustrazione, amplificazione di situazioni, rancore, recriminazioni, lamentele, sono alcune delle cosneguenze di tutto questo. Ci sentiamo non viste, non accolte, non amate e senza potere. Assertività ed autostima vengono messe fortemente in discussione. Quando troviamo poi qualcuno che ci prende sul serio, ci ascolta, ci comprende ed accetta per come siamo, andiamo in confusione, perché non siamo abituate, troppo abituate a non sentirci viste, a non darci la possibilità più nemmeno di desiderarlo.
E quando arriva lo respingiamo persino, incredule. Persino una relazione d’aiuto in cui ci sentiamo viste veramente può attivarci meccanismi difensivi di incredulità 😉
Un nodo centrale è il potere, un altro il vederci noi per prime.
Spesso dietro al non sentirci ascoltate ( e al far sì che questo accada… tu che cosa fai per non essere ascoltata?) c’è tutto un discorso di equilibri di potere, che vengono sfalsati nella relazione. Relazioni in cui l’obiettivo non è l’ascolto autentico, ma chi ha ragione, chi vince, chi ha più potere. Insomma il vero gioco è altro, in cui i ruoli di vittima, carnefice e salvatore si alternano. In cui ci attacchiamo a mezze frasi, a non detti, a sviste e rediamo tutto per ricondurlo a dimostrare la nostra tesi: che non siamo viste, che non siamo volute e prese in considerazione. Sottrarsi a questo gioco perverso non è semplice e implica un profondo passo indietro, per tirarsi fuori. Una riflessione profonda su quello che vogliamo veramente per noi e per la relazione.
Altro discorso è l’ascoltarsi per prime. Non cedere all’altro il potere di “esistere” se ci ascolta o meno. Siamo noi che ci dobbiamo prendere sul serio, con le nostre emozioni e con le nostre “ragioni”, mettere dei confini su quello che per noi è importante, al quale non possiamo rinunciare. Darci per prime noi il “va bene”. Altrimenti saremo sempre in balia di qualcuno al quale cedere la validità o meno di noi, per quello che pensiamo e proviamo.
Questo va di pari passo con l’ascoltarci per prime noi, il credere veramente in quello che pensiamo sia giusto, buono e di valore, in noi, e nel fatto che i nostri bisogni e sentimenti hanno diritto di esistere e che non sono buoni o cattivi, ma sono degni di essere rispettati e soddisfatti. E se ciò non accade trovare coraggio e dignità per cambiare strada, voltare l’angolo e chiudere.
Non possiamo aspettare una vita per essere riconosciute dalla stessa persona, una volta che ci siamo riconosciute noi per prime, andiamo a cercare chi è in grado di vederci e rispettarci, veramente. La vita è una sola. E noi siamo uniche, degne di rispetto, considerazione e amore.
Roberta