Non siamo abituate. A celebrare noi stesse. Ci diamo per scontate. Soprattutto se abbiamo avuto genitori distratti che al limite ci dicevano quanto eravamo belle e brave. Ma nulla più. Anche se addirittura ci avessero detto “come te non c’è nessuna”.
Abituate al sacrificio silenzioso, al silenziamento del nostro fuoco e del nostro potere, ( buttato giù in fondo, ingoiato, smussato per non brillare troppo…) ancora oggi, ora. Abbiamo risposto o con il vittimismo ( unico modo per farci vedere e riconoscere, sperando in un salvatore magico che ci sollevasse dalla nostra solitudine) o con la ribellione, quella ripetuta, reiterata, buttata in faccia indifferenziatamente (ci siamo mai chieste “contro chi stavamo urlando veramente?).
Ancora aggressività sotto diverse forme. Non celebrazione, come riconoscimento autentico di quello che siamo e di quello che invece liquidiamo come per ovvio di noi.
Celebrare: il primo passaggio per riconoscere il nostro valore, diventarne responsabili e spenderlo nel mondo, per un mondo migliore. Si passa da lì, dal riconoscimento, senza colpa, senza giudizio, senza “prosopopea”. Niente falsa umiltà. Niente “io sono” tronfio. Ma io sono e io vibro, nel riconoscimento del mio sacro valore. Un sacro valore non vuoto, ma pieno di noi, reale, concreto, pieno di nomi, di azioni, del nostro colore e delle nostre sfumatura.
Per prime noi facciamo violenza a noi stesse, quando non ci riconosciamo il diritto del nostro valore. E quando non ci diamo nel mondo, con tutto quello che la nostra femminilità può dare e dire. Siamo feconde per natura, diventiamolo anche per noi stesse allora, così da poter creare un mondo migliore. Partendo da dove? Dal fare memoria, di noi e delle altre donne venute prima di noi, in una catena di sorellanza.
Vedere se stesse, nei particolari di tutto quello che siamo e che facciamo è un impegno, doveroso, di attenzione. Ma appunto è un impegno, oserei dire un lavoro, minuzioso di attenzione a noi, di grande meraviglia e cura.
Abituate a lasciar perdere, a fare e fare, poco ad essere, e a porre attenzione al nostro essere-nel-mondo con la nostra autenticità e unicità, non ci diamo il permesso di fermarci e di guardarci. Di guardare tutto il bello che siamo e che manifestiamo, ogni giorno. Se il riconoscimento dell’altro (maschio o femmina) non arriva, lasciamo che tutto scorra come dovuto.
Educate ad essere umili ( ma l’umiltà vera è un’altra cosa), sarebbe meglio dire a svilirci e minimizzarci, non cogliamo quelle sfumature di cui siamo fatte nella nostra essenza. Umili, ma non modeste. In quell’equilibrio delicato dove il cuore è il centro.
Ci diamo per scontate, insomma, per prime noi con noi stesse.
Tutto quello che ci viene naturale fare, lo facciamo, senza dare il giusto valore.
Nulla è scontato invece. Uno sguardo, un’attenzione, un’organizzazione, una memoria delle cose, potrei fare un elenco lunghissimo di tutte quelle capacità e comportamenti che dicono la nostra anima e che compiamo quotidianamente da quando siamo nate.
Che cosa ti viene naturale fare? L’hai mai osservato? Che cosa dice di te? Dei tuoi talenti?
Riconoscere di fronte a se stesse, dirselo, proclamarlo, dritte in piedi, fiere, sentendolo nella carne e sentendo tutte quelle variopinte emozioni che la consapevolezza di sé può dare…poi, dirlo al mondo… non è essere egocentriche o piene di sé. È un atto sacro di esistenza, di riconoscimento del proprio valore unico. Che non è un fatto astratto, ma che si tocca con mano.
Non diamoci per scontate, dunque. Ma poniamo attenzione e cura a tutto quello che di bello compiamo e che dice quello che siamo dentro.
Guardati allo specchio e vedi veramente chi sei. Ogni piega del tuo volto dice la tua attenzione e la tua cura, il tuo impegno, l’energia che hai spremuto nelle relazioni, nel creare il tuo mondo. Quale mondo hai creato con le tue mani? Quanta fatica, notti insonni, desiderio, entusiasmo, hai messo? Quanto hai speso di te nella tua vita? Non soltanto nei momenti più importanti, ma nelle ore.
Tempo dedicato, sguardo amorevole, attenzione non richiesta, programmazione…nulla è scontato.
Non lasciarti sopraffare dal “ma è normale che io faccia così”. Quanto in questa frase c’è invece di meraviglia? Quanto c’è lì il segreto di chi sei tu, se lo rendi consapevole, potrai goderne e potrai ampliarlo ancora.
Se impariamo a non darci per scontate, ci sarà a catena un susseguirsi di eventi: anche chi è in relazione con noi, inizierà a vederci, a guardare con rispetto e meraviglia l’universo che noi siamo e che doniamo al mondo. La gratitudine per se stesse porterà che anche gli altri ci vedranno, ci ameranno di più e le relazioni miglioreranno.
Concediti allora un tempo tutto tuo per vederti, per riconoscere i valori e i talenti che porti nel mondo ogni giorno, per non dare per scontati i gesti, gli atti, che quotidianamente compi.
Fermati e raccogliti in quel silenzio profondo dove abitano non solo le tue ombre, ma le tue luci profonde. Non “dare le perle ai porci”, laddove i porci per prime siamo spesso noi, quando ci riteniamo di appartenere all’ovvio e ci facciamo del male, con un’alzata di spalle nei confronti dei nostri sentimenti più autentici, nei confronti di tutto quello che siamo. Per prime noi ci dimentichiamo di noi. E allora come possono ricordarsi di noi gli altri? Come può un altro vederci, come tanto desideriamo, se noi per prime non lo facciamo?
Siamo responsabili di noi stesse, perché siamo uniche, nessuna è uguale a te, a me, responsabili della nostra bellezza, del nostro sapere, della nostra saggezza, della nostra storia.
Ce ne dobbiamo prendere cura nel cuore, portare al cuore e dare al cuore, nei gesti, nelle riflessioni, nel riconoscimento. Le abbiamo già usate e spese, ma forse senza la giusta consapevolezza. Quanto sei consapevole di quanto sei sacra?
Sai amare, sai vedere, sai prenderti cura, sai creare nuova vita. Hai questo e tanti altri poteri e capacità, riconoscili, benedicili e manifestali.
Come? Inizia da te. Vai a cercare nella tua storia un evento importante e chiediti quale talento, quale forza, quale qualità di te hai manifestato in quella occasione. E ripeti questo con tanti altri momenti della tua vita, fino a farlo diventare un esercizio quotidiano. Se a questa attenzione, vuoi poi aggiungere un momento di profonda gratitudine per te stessa, fallo. Con una preghiera, un rituale, un gesto di amore verso di te.
Abbi il coraggio di celebrarti.
E se vuoi osare ancora di più, vieni a condividere chi sei con altre donne e a celebrarti! Il 10 maggio a Genova.
Roberta