E tu che genitore sei?

Essere genitore, il “mestiere” più difficile al mondo. Nessuno te lo può insegnare, non sai dove impararlo, e non puoi veramente studiarlo. Puoi migliorare, cercare di comprendere e leggere libri, ma poi sei quello che sei.

Non a caso infatti ho scritto “essere” genitore, non “fare” il genitore, perché oltre che fare delle cose con e per i tuoi figli, “mamma e papà” è un essere.

I nostri figli infatti non imparano tanto e soltanto da quello che facciamo per loro o diciamo loro, ma soprattutto da chi siamo. Da tutto quel non verbale che trasmettiamo quotidianamente e dalla nostra energia, loro assorbono e percepiscono molto di più di quello che immaginiamo e soprattutto riusciamo a controllare.

E allora? “Son dolori”…se il nostro intento è quello di mettere nel mondo figli felici.

Tenuto conto di questo, una parte comunque la possiamo fare, quella parte relativa a quello che facciamo con i nostri figli e alle parole che usiamo con loro. Perché comunque le parole hanno un peso e a volte molto pesante.

La cultura e l’educazione sono cambiate in parte, ma veniamo da una generazione ( e i nostri nonni ancora di più) che ci ha educati in modo autoritario spesso, secondo ordini, minacce, punizioni e silenzi. “Se non…vai a letto senza cena”, “stai attento se fai così stanotte arrivano i mostri“, il babau, l’uomo nero e così via…e quanto di tutto questo abbiamo ancora nel nostro DNA, nelle nostre espressioni quotidiane piene di “devi”, di minacce larvate “se fai così, se non fai, vedrai che..” “guai a te se …”. Vive ancora pesantemente nelle nostre famiglie ( e nelle nostre scuole) il vecchio modo di educare basato su critica e mortificazione, anche dove crediamo di averlo estirpato una volta per tutte, eccolo lì che rispunta fuori in un modo più subdolo.

Dall’altra parte è cresciuto anche un altro sentire, uno stile educativo alternativo, adottato proprio da quei genitori che non volevano né essere autoritari (forse proprio perché figli di genitori padroni e autoritari) né volevano usare un linguaggio offensivo e aggressivo. Questi hanno trovato un modo delicato, dolce e amorevole di comunicare: una comunicazione ricca (fin troppo) di spiegazioni e di giustificazioni che alla lunga creano solo confusione e mancanza di un appoggio solido.

Alla fine però anche questi genitori tuttavia sono mossi dalle stesse motivazioni dei loro padri: avere figli carini, educati e obbedienti.

Altro gruppo numeroso è quello dei genitori perfetti , ossia quelli che vogliono fare sempre tutto in modo impeccabile per crescere figli felici, bravissimi e vincenti. Nel tentativo di raggiungere l’obiettivo finiscono per controllare e educare i figli 24 ore su 24, li guidano ed elogiano in continuazione, trasmettendo un chiaro messaggio “così come sei ora non vai abbastanza bene!”

Perché una risposta a che genitore sei è “che figlio vuoi avere?”.

Non cerchiamo allora ricette preconfezionate, né regole rigide e apprese da altri. Non nascondiamoci dietro regole apprese, “non si deve” “non si fa”. Ascoltiamoci e accettiamo la poesia e la magia di tutti i nostri sentimenti, dall’aggressività alla paura, alla gioia, alla tristezza. Lasciamoci esistere per chi siamo e siamo diventati nella nostra storia.Diciamo “io non voglio…”. Lasciamo che i nostri figli ci vedano per quello che siamo, autentici, vivi, spaventati a volte, trasmettiamo loro poche semplici regole e la leggerezza che viene dalla consapevolezza che le regole possono essere anche trasgredite. Sporchiamoci con loro, lasciamoci mettere le mani nei nostri sentimenti più profondi, siamo autentici, giochiamo, ridiamo, sognamo. Perché i nostri figli hanno bisogno di noi. Della nostra presenza vera, della nostra energia, della nostra anima. Hanno bisogno che noi ci siamo.

E tu, che genitore sei??

Qual è la scintilla che porti?

dott.ssa Roberta Bailo

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