Ho invertito volutamente “Mors tua, vita mea”, perché credo che sia ora di affrontare quel grande protagonista delle nostre vite che è il senso di colpa.
Un grande manipolatore al quale siamo state allevate un po’ tutte. Anche qui vi farei alzare la mano… chi non si è sentita in colpa nella vita?
Gli effetti del senso di colpa sono molteplici. Talvolta sensati, perché richiamano ad un senso di responsabilità verso gli altri per le proprie azioni (ma il peso interiore è differente), talaltra ganci mortiferi.
Qui alcune riflessioni sui molteplici tentacoli che il senso di colpa affonda nelle nostre vite, quando scegliamo di aderire ai tentativi degli altri di agganciarci, facendoci appunto sentire in colpa.
Se per crescere si deve in qualche modo passare dal senso di colpa per giungere a percepire il proprio senso di responsabilità e il proprio potere, quando questo diventa invece la dominante delle nostre vite e delle nostre scelte, qualcosa non funziona.
Come ho scritto più volte, diventa necessario tradire.
Quando mi sento in colpa se dico no, quando mi sento in colpa se non amo più, quando mi sento in colpa se dico “qui mi stai facendo male”, c’è un confine che non viene messo, un’assunzione di responsabilità nei confronti di se stesse che non viene presa.
Quanta distruzione porta questo sentirsi in colpa di esistere per come si è? Quanta rabbia c’è sotto? Quanto senso di colpa hai mangiato e ingoiato?
E alla fine diventa, nei peggiori dei casi, ma a volte in modo sottile e impercepibile, quel gancio che ci fa morire dentro. Il senso di colpa è un grande separatore: tiene lontana te da te. Per rimanere agganciata all’latro ti separi da te stessa.
Scelgo di sentirmi in colpa per non farti morire dentro di me e fuori di me. Perchè è come se, se ti mollassi, abbandonassi anche te dentro di me. E non potrei mai sentirmi la bambina cattiva che ti lascia. Il peso del tradimento diventerebbe troppo grande. Quindi mi spengo io, pur di non perderti e di non provare più questo peso interiore: è colpa mia se soffri, se sei triste, se non ti senti amato/a, se non sono abbastanza brava, amorevole, efficiente, se se se… se me ne vorrei andare.
La scelta di vivere è difficile all’interno di questa logica. Perchè alla fine nel senso di colpa c’è tanta rabbia, alla fine nel senso di colpa c’è quella folle convinzione che solo così potremo essere amate e che da noi dipende la sopravvivenza dell’altro. Meglio quindi morire dentro giorno dopo giorno, tra le denigrazioni e il non amore, che portare il peso di lasciar andare chi ci sta consumando.
Mi sento in colpa di stare male, mi sento in colpa di non essere come tu mi vorresti, mi sento in colpa se vorrei respirare, sbagliare, andarmene da te. Perchè è colpa mia se reagisco così: tu sei perfetto/a. L’idea che ho di te non posso farla morire di fronte alla realtà dei tuoi comportamenti che mi fanno soffrire. E allora scelgo di sentirmi in colpa per non farti crollare, prima di tutto in me. Insomma ti giustifico, così ti salvo e così paradossalmente salvo me stessa, dalla realtà, dalla delusione, dall’amarezza. Quale? Quella che nasce dallo scoprire che non eri come io avevo pensato o creduto. Dal rendermi conto che io non ti voglio, che voglio altro, come gioia, leggerezza, respirare a pieni polmoni, essere felice.
La scelta della mia vita allora passa da qua: dal lasciar andare il senso di colpa che mi tiene legata a te. Dallo scegliere di vivere, portando magari un altro peso, che però passa più in fretta e aiuta ad evolvere. Quello di quei sentimenti reali che lui, caro amato senso di colpa, nasconde. Come delusione ad esempio, riconoscimento della fallibilità degli altri, e reale assunzione della responsabilità di quello che non vogliamo per noi.
Come lasciarlo andare per la sua strada, cioè a morire? Smettere di permettere che logori giorno dopo giorno il nostro respiro?
Chiedendosi semplicemente: io che cosa voglio? Io come sto?
A che cosa mi serve il senso di colpa?
E fidandosi di sé, dei propri sentimenti, dandosi il permesso di sentire quello che sentiamo.
Un abbraccio
Roberta