Carla ha sempre osato poco. Tutta chiusa dentro di sé, come in una stanza dove pullulavano sogni desideri un mondo interiore ricchissimo. Pieno di slanci, amore, sogni e danze bellissime.
Ma ogni volta che tentava di uscire dal suo mondo interiore per farlo conoscere all’esterno, aveva trovato talmente tante porte chiuse, sbattute in faccia, giudizi, e ancora giudizi, che parlavano di rifiuti, di non vai bene così come sei, per quello che provi e desideri, che aveva deciso di chiudere tutto. A doppia mandata.
Ed era giunta ad una convinzione: per il suo mondo interiore non c’era posto là fuori. Solo pochissime volte, solo dopo aver valutato e studiato a fondo e ancora a fondo le atmosfere, scrutato le persone, aveva ritentato. Ma il copione si era ripetuto ancora una volta e ancora.
Come se fosse un destino che la costringeva a richiudere la porta.
L’entusiasmo che le apparteneva e con lui quella gioia di vivere, erano rimaste chiuse come in un cassetto. Un cassetto che apriva solo di nascosto, la notte, nel buio della sera, al crepuscolo, quando era sola.
Un mondo in fermento, e fremito continuo e che spesso non le dava pace. L’aveva chiuso in un luogo troppo stretto e lui sempre più spesso spingeva e spingeva, talmente tanto forte a volte, da farla stare male.
Ma Carla sembrava aver fatto un patto, antico quanto lei, con se stessa. Di chiuderlo, di spegnerlo, di farlo tacere, di annullarlo. Solo così le sembrava avrebbe potuto vivere nel mondo.
Non voleva osare più, non voleva più uscire allo scoperto con la sua parte più vera, viva e bella. Proprio quella lì. Non voleva farla vedere. Troppe volte ferita.
Non voleva e si diceva sopratutto che non poteva, che cosa? Sperare…
che ci potesse essere un luogo al mondo e un posto concreto dove poter sperare e vivere, lasciando far vedere chi era.
Una lotta continua. A tratti lacerante, a tratti meno intensa.
Raccontarsi a me, e vedere questo travaglio continuo, poter trovare un ascolto non giudicante e la fiducia, le hanno permesso di dare voce anche al cassetto chiuso.
Un giorno poi, di fronte alla domanda ma tu che cosa vorresti per te? Come vuoi vivere?
Ma tu chi sei? Quanto tempo hai?
Una scintilla le ho visto balenare negli occhi, un fremito le ha attraversato il corpo.
Come se qualcosa l’avesse lasciata e al suo posto fosse giunta una consapevolezza e centratura.
Di colpo ( ma in realtà era stato un lavoro di ascolto di entrambe le parti: quella che teneva tutto chiuso, quella ferita e un’altra che…) non le importava più del mondo che diceva NO.
Voleva esistere e piano piano aprire quel mondo che aveva chiuso. Aveva deciso di osare. Di dire SI a se stessa.
Quel giorno stesso avrebbe detto un sì a se stessa. I NO avevano gravato sulle sue spalle per troppo tempo. Una nuova leggerezza sentiva nel lasciar cadere quei no. Un respiro profondo. Un sorriso arrivò sulle labbra. Un posso. Perché lo voglio. Rischio, ma oggi lo faccio per me. Perché voglio che la mia vita cambi. Da oggi.
Un abbraccio.
Roberta